Sito nato il 16 marzo 2006                                                                                                                                                                   Pagina aggiornata: sabato 13 settembre 2008


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Dedicato a mia madre che ha sempre creduto in me, anche quando le combinavo grosse.

La storia della mia radio inizia in una radio. Scusate il bisticcio di parole, ma così è. Era novembre del 1975, da qualche mese avevo scoperto l'esistenza di una radio libera, la seconda della capitale: Teleromacavo e mi ero precipitato presso il loro appartamento seminterrato in via Valmarana a Roma perché avrei pagato io pur di lavorarci. La mia fortuna fu trovare un padre, Guglielmo Arcieri, e suo figlio Francesco, i proprietari,  che vista la mia smoderata volontà di fare la qualunque dietro quella consolle, mi accettarono nel gruppo, prima come fonico (non ero niente male) e poi come conduttore (quello si che ero male).

Però ero felice perché mi sembrava di fare la cosa più bella del mondo.

Dicevo, a novembre suonarono alla porta due signori, ero solo e quindi li accolsi io, si presentarono come i fratelli Fumi di Orvieto e mi chiesero di poter guardare il trasmettitore della radio, un residuato bellico adattato a 103,1 mhz.

Loro costruivano trasmettitori per i militari e mi dissero che era loro intenzione realizzare un trasmettitore a transistor per l'FM.

Meraviglia delle meraviglie! Allora era tutto a valvole, in quell'appartamento non serviva il riscaldamento, c'era il trasmettitore.

Chiesi loro quanto sarebbe potuto costare un apparecchio del genere e seppur genericamente mi dissero che il costo sarebbe stato più o meno di un paio di milioni. Non so perché lo feci, ma dissi:

Lo compro io per primo e facciamo insieme la sperimentazione su Roma.

In totale credo di aver deciso di aprire una mia emittente nel giro di 10 minuti e senza una lira in tasca, ma a 25 anni quando la passione ti travolge, non guardi queste inezie. I fratelli Fumi (Eugenio era l’ingegnere capo) avevano un'azienda ad Orvieto; l'ITELCO, e pur intuendo che sarei stato un cliente a rischio decisero di stringermi la mano e di dare l'affare per fatto. In capo ad un paio di mesi il trasmettitore sarebbe stato progettato e costruito per me.

Nei minuti immediatamente seguenti, con un certo tremore alle gambe per il gesto avventato che avevo appena fatto, mi misi a pensare chi avrei potuto coinvolgere nella mia impresa.

Telefonai a mio fratello Giancarlo (un po' più grande di me, allora bancario con il posto fisso, una moglie e affitto e condominio da pagare) travolgendolo con la notizia: potevamo mettere su una nostra radio. Lui era completamente fuori da quel mondo, ma la mia passione deve essere stata veramente contagiosa, e poiché come me non è proprio uno "normale", decise di lasciarsi trascinare nell'avventura, quindi con un po' di questua ai genitori che non capivano bene in cosa ci stessimo per andare a cacciare, riunimmo altri 3 amici e fondammo una s.r.l. raggranellando l'astronomica cifra di 5 milioni.

Quel sant'uomo di Giancarlo si occupò di individuare un appartamento utile allo scopo, e dopo un paio di mesi trovammo la casetta di un portiere ai piedi di uno stabile nella zona di Piazza Irnerio, una delle più alte della città.

Fu un vero colpo di fortuna perché la casetta era indipendente dallo stabile, quindi i condomini non ebbero timore di essere invasi da giovinastri dalle idee bellicose, per di più aveva un ingresso indipendente, in via Enrico Besta n. 4. Era piccola, come si conviene a tutti i portierati della capitale, due stanzette, cucinino e bagno, ma per noi era meglio dello studio A di via Asiago 10.

Cominciammo i frenetici preparativi per l'insonorizzazione della sala speaker e della regia (addio cucina!), un bel riquadro nel muro con doppio vetro, e pannelli fonoassorbenti completamente ricoperti da una tenda plissettata bianca (che tocco di raffinata femminilità!).

Niente cartoni delle uova cari amici, mi spiace ma noi partimmo alla grande.

Smontai tutto il mio impianto stereo a casa (ero talmente malato di Hi-Fi da aver accumulato di tutto e di più negli anni precedenti), comprammo un Mixer enorme (di quelli musicali la cui qualità però non era eccelsa) e facemmo costruire un vero banco regia: trasportandolo dal falegname che stava sulla Tiburtina, riuscii persino a perdermi dei pezzi che avevo legato male sul portabagali, arrivando dissi:

 "Chissenefregra" ne faremo a meno.

La radio prendeva forma, la casetta del portiere era diventata la sede di una S.r.l., la Hanna S.r.l.

A proposito del nome, ricordo che lo proposi io, anche se in seguito si fecero molte congetture sul perché di quella scelta. Proprio in quel periodo mi ero messo insieme ad Anna Pettinelli che avevo ammaliato con l'idea di venire a lavorare per la mia nascente radio, quindi il sospetto comune fu che la radio fosse dedicata a lei.

Altri videro nell'H che precedeva Anna delle origini ebraiche, quindi un omaggio alla cultura religiosa di una eventuale proprietà ebrea.

Niente di tutto questo, la scelta del nome fu dovuta al fatto che a Roma c'erano già due radio con il nome Roma all'interno ed io proposi ANNA perché è un nome tipicamente romano, avete presente la Magnani? Era la mia idea di Anna romana, l'H davanti aveva l'ingenuo scopo di internazionalizzarla un po'.

Ma le cose non capitano mai a caso. Dopo alcuni anni scoprii che una Radio Hanna era già esistita durante il secondo conflitto mondiale, e trasmetteva da un mercantile nel mare del Nord in modo assolutamente pirata per non farsi individuare dai tedeschi. Non volendo avevamo dato un nome alla nostra radio pirata che omaggiava chi pirata lo era stato veramente.

Torniamo alla storia, nella prima decade di marzo del '76 Eugenio Fumi mi chiamò da Orvieto dicendomi che il trasmettitore era pronto, eccitatore e finale, tutto allo stadio solido, ben 150w di potenza (allora le radio trasmettevano con 20/50w). Io ero più eccitato dell’eccitatore. Il problema era l'antenna.

Andammo a comprare una Gran Plain da radio amatori e seghetto alla mano, tagliammo i quattro riflettenti e l'elemento radiante secondo la misura che ci indicò Eugenio. Il guadagno sarebbe stato 0db, ma non avremmo fuso i finali.

Per me era arabo, ma eseguii con Giancarlo le direttiva impartite. Arrampicati sul tetto del condominio, tirammo su un palo telescopico di quelli per le antenne TV e ci legammo questo "ragno" in cima Il cemento delle staffe fu rigorosamente a presa rapida, non avevamo tempo di aspettare che quello tradizionale si asciugasse.

Il 15 Marzo del 76, vennero Eugenio Fumi ed il fratello, armati di analizzatore di spettro per individuare la frequenza. Trovata subito: 99,7 mhz (non era molto difficile c'erano una decina di radio in tutto) e demmo fuoco alla miccia, ossia accendemmo l'interruttore, mandando in onda una nota a 1000 hz (il fischio per intenderci), e saltando in macchina a fare il giro di Roma con l’Alfa di Giancarlo per controllare fin dove si sentiva. Il risultato fu discreto, la città era coperta per quattro quinti, telefonai ad un mio compagno di avventure radiofoniche, Giorgio Gobbo che stava dall'altra parte di Roma per chiedergli se sentiva. Sentiva, non meravigliosamente, ma sentiva.

Quella notte non riuscii a dormire, Giancarlo neanche, la mattina seguente avremmo iniziato le trasmissioni, l'adrenalina era alle stelle.

Così fu, il 16 marzo del 1976 alle ore 08:00 ero davanti alla consolle, tolsi il fischio e feci partire la sigla della radio che avevamo scelto accuratamente: Traccia seconda del Banco del Mutuo Soccorso dall'album "Io sono nato libero", e poi non ditemi che non c'è qualcosa di profetico in tutto questo.

Alla radio iniziò subito un frenetico via vai di giovani e non, che volevano misurarsi con il nuovo mezzo, un collega bancario di Giancarlo, Pino, ci propose subito un programma di musica classica, lui di dischi ne aveva tanti, e naturalmente andò in onda, un paio di volte la settimana sempre dopo le cinque, orario di timbratura del cartellino d'uscita.

Era un programma pallosissimo, lui aveva una voce stridula che rendeva ridicola anche la sua effettiva competenza nel campo, ma eravamo liberi di fare anche queste schifezze, nessuno se non noi stessi, poteva arginare la qualunque.

In generale il primo mese passò con programmi di musica leggera, intrattenimento "alla bona" chiacchierate in libertà davanti al microfono. Ma mancava una cosa: il telefono.

A quel tempo la SIP era molto stitica ad allacciare linee telefoniche, bisognava aspettare mesi per avere un telefono, così ad un certo punto, non avendo alcun riscontro circa un possibile ascolto, cominciai a deprimermi. Provate voi a mettervi una cuffia e a parlare per più di un mese senza sapere se qualcuno vi sente. Il Santa Maria della Pietà (l'ospedale psichiatrico di Roma più noto come il manicomio) non era molto lontano dalla radio ed io cominciai a pensare che la possibilità che mi ci ricoverassero non era poi così remota.

Allora sempre quel sant'uomo di mio fratello, che condivideva con me ogni momento libero dalla banca, seppur con grande disappunto di mia cognata, intervenne: trovò le giuste raccomandazioni e la SIP venne ad allacciarci un telefono. Di cosa non erano capaci i bancari all’epoca!

Avevo giurato, quando strinsi la mano ad Eugenio Fumi, che la mia non sarebbe stata una radio di dediche, mi facevano schifo, mi chiedevo sempre il perché Giovanna dedicava un disco a Peppino con tanto amore, non sapendo chi era Giovanna, ignorando chi fosse Peppino, e completamente all'oscuro del perché si amassero, insomma non poteva fregarmene di meno, e proiettavo sui miei ascoltatori lo stesso retropensiero.

Ma la mattina che allacciarono il telefono, in preda alla disperazione più nera infransi quel mio voto di purezza culturale. Aprii il microfono e dissi più o meno:

"Questa è Radio Hanna, trasmettiamo sui 100 mhz l,’antenna è polarizzata verticalmente, la nostra preenfasi è di 75 microsecondi, e se volete dedicare una canzone a qualcuno, potete farlo chiamando il 623 10 37".

Al Signore, oltre che mio fratello, toccò benedire anche la SIP.

Avete presente una flebo ricostituente? Neanche io, ma immagino che l'effetto che provoca sia simile a quello che fece il telefono quella mattina nella casetta del portiere, pardon, nella sala di regia della Hanna S.r.l.

Il telefono iniziò a squillare e per più di quattro ani non si fermò più, io non mi fermavo più; scoprii che c'era gente che ci sentiva dal giorno dell'apertura ma che non sapeva come farcelo sapere, ero al settimo, no, all'ottavo cielo, molto più dei tre metri di Federico Moccia: evviva Giovanna, evviva Peppino, evviva il loro grande amore, di cui continuava a non fregarmene niente, ma ascoltavano, ascoltavano, me, noi, i nostri dischi e tutte le scemenze che dicevamo. Quindi per loro un triplo Hip Hip Hurra!

Il telefono non smise più di squillare, e grazie al telefono cominciarono a chiamare varie persone che chiedevano di venirci a trovare, di poter lavorare con noi.

Si presentò un giorno un ragazzino che arrivò a tutta birra con la sua Renault 5 modificata con l'autoradio a tutto volume, deve aver fatto tremare i vetri di tutta Via Besta.

Aveva chiesto di poter stare alla radio, anche a lavare i dischi. Il tenore della sua telefonata fu simile al mio quando mi affacciai a Teleromacavo, così lo feci venire. Si chiamava (veramente si chiama ancora così) Luigi Canali De Rossi, un casato nobiliare alle spalle ma un carattere da vero James Dean.

Lo mettemmo a lavare dischi!

Quanta strada ha fatto Giggi da allora (per noi era Giggi con tre G), oggi è un affermato editore indipendente, master in comunicazione in California, Mediaset etc. Allora però Giggi era solo una montagna di energia, e quando finì davanti al microfono se ne accorse tutta la città.

In quell'anno ricevemmo tante telefonate di ascoltatori che ci manifestavano simpatia e solidarietà, Bice Valori e Paolo Panelli, Flora Mastroianni, altri come Paolo Frajese ci chiesero di poter trasmettere di notte (che voce ragazzi), e poi Maurizio Arena, che finiti i tempi di Poveri ma belli, venne da noi al fare il pranoterapeuta per radio, si insomma, il guaritore, il santone.

La radio divenne presto un caledoscopio di voci, di culture, si unirono a noi Giorgio Salvatori, giornalista del Globo, Tonino Campagna, giornalista che assunse la direzione responsabile della radio, Giorgio Bracco, giornalista dell'Agenzia ADN KRONOS e tanti altri. Mettemmo in piedi una collaborazione con un quotidiano Il Paese Sera, che faceva per noi i notiziari e soprattutto creammo lo spazio notturno, le voci nella notte, dirette infinite che davano spazio alle telefonate, che evidenziavano la solitudine della gente ed il disperato bisogno di comunicare di entrare in una grande e nuova famiglia: quella della radio.

Oggi le chiamano community con linguaggio internettiano, ma le abbiamo create noi; centinaia di persone che chiamavano, si ascoltavano a vicenda, si davano consigli ed imparavano a conoscersi e che alla fine si sentivano meno sole. Vi pare cosa da niente?

Quanti televisori sono rimasti spenti in quel periodo, la tv in bianco e nero per molti aveva perso l'appeal, quanti matrimoni combinati, quanti figli nati per un galeotto segnale radio.

E poi l'umanità regnava sovrana. Si è vero, noi eravamo "la radio", ma quante volte di sera mi sono sentito chiamare al telefono:

- Pronto sono zia Rosa

- Ciao Zia Rosa, come stai, ci stai ascoltando?

- Certo, come sempre, ho sentito anche le telefonate degli altri

- Vuoi dire qualcosa a qualcuno?

- Si, a te, stai li dalle 7 di stasera, scommetto che non hai ancora mangiato, perciò ho preparato una matriciana ed ora salgo in macchina e ve la porto. Quanti siete che dovete cenare?

Affamato e arrossito rispondevo

- Una matriciana? Ma no, non devi Zia Rosa, noi facciamo il nostro lavoro.

- Stai zitto e dimmi quanti siete

Mi sembrava mia madre

- Siamo in tre, ma ci metti il pecorino o il parmigiano?

- Se ho parlato di matriciana ci va il pecorino, per chi mi hai preso? Faccio la mamma e la casalinga dalla notte dei tempi, questo è il  mio mestiere, non immischiarti tu, pensa solo a mangiare, magari metti un disco nel frattempo così puoi farlo in pace.

Insieme alla matriciana arrivava anche un Rosso del Piglio e in radio era festa, ma festa vera. Eravamo LA RADIO dicevo, ma eravamo anche i figli di tutti gli ascotatori.

Nel frattempo al primo piano del condominio che ci ospitava venne ad installarsi un'altra radio, Radio Luna. Eravamo colleghi ma anche concorrenti nel far west dell'etere romano, così nella rare occasioni di incontro ci si salutava con disdegnoso distacco.

Loro erano più ricchi di noi e si presero un bell'appartamento, misero un'altra antenna sul tetto del condominio e ruppero i coglioni a tutti i condomini disturbando la ricezione delle tv.

Durarono poco li, Radio Luna ebbe il suo maggior successo quando si trasferì nella mega sede di via Trionfale, soprattutto con l'avvento di Cicciolina. Noi quelle cose "sporche" non le facevamo, eravamo pudici, un tantinello bigotti ed autocensori di ogni possibile volgarità, nella speranza di non incappare in denunce che ci avrebbero fatto sequestrare gli impianti. Ma l'appartamento liberato al primo piano fu per noi un'occasione ghiotta, io e Giancarlo (gli altri soci avevano dato forfait) eravamo intenzionati a trasferirci li, e implorando la proprietaria, promettendole che saremmo stati bravi ragazzi, ottenemmo il contratto d'affitto: 200.000 al mese.

Anche in quel caso fummo di un'incoscienza oltraggiosa, non avevamo soldi, Giancarlo chiese una cessione del quinto dello stipendio per pagare l'anticipo ed i lavori, la moglie si incazzò come una bestia.

Vendevamo (poca) pubblicità il nostro listino prezzi si aggirava intorno alle 3.000 lire a passaggio, fatturate naturalmente, immaginate un po' quanti spot avremmo dovuto raggranellare per pagare affitto luce e telefono. Ma lo facemmo e ci riuscimmo, nel quartiere c'eravamo solo noi, e diventammo un po' frati cercatori, dal negozio di borse Vera Tolfa, a quello d'abbigliamento o di ceramiche per bagni e cucine.

Mettemmo in piedi degli studi stratosferici, la sala regia principale era disegnata come la plancia di un'astronave, tutta rivestita in sughero, con dei parallelepipedi che ospitavano Revox e giradischi.

Avevamo deciso di diventare professionisti ed escogitammo alcuni sistemi per trasmettere 24 ore e per far partire i dischi al volo con uno strato di sughero che tenevamo fermo con le dita sotto il disco mentre il piatto girava.

La notte, per non farci fregare la frequenza (eravamo passati a 101 mhz) invece del noioso fischio mettevamo una batteria elettronica, poi con un congegno meccanico mettemmo su un anello di nastro su un revox dove c'era uno che russava ed una voce che diceva ogni 20 secondi:

Shhh Radio Hanna dorme, si risveglia domattina alle 7.

La radio migliorava, eravamo sempre più ascoltati, avevamo portato la potenza a 500 watts e coprivamo tutta la provincia di Roma e buona parte del frusinate. Arrivarono alla radio personaggi straordinari, come Carlo Marcello, un vocione tenore da brividi, un carattere ancora peggio, Silvano Corona, in arte Peppino, un vero giullare creativo: grazie a lui, io e Carlo mettemmo in piedi dei programmi davvero esilaranti che potete ascoltare nel sito di Broadcastitalia, e poi Paola Borboni, suo Marito, il poeta Bruno Vilar, Gastone Pescucci, grande attore di cabaret, cinema e teatro, Giancarlo Muratori altro grande attore che poi diventerà autore televisivo di programmi per bambini (tutti purtroppo scomparsi alcuni anni fa) e tanti, tanti altri.

Eravamo tra i big dell'etere Romano, le case discografiche ci mandavano dischi ed artisti, nei nostri studi transitarono personaggi come Massimo Troisi, Lucio Dalla, Ron, e vatteli a ricordare tutti...

Poi con Giancarlo decidemmo di fare un ulteriore passo in avanti, volevamo assumere una personalità di caratura nazionale e come farlo se non imparando dagli altri?

Il pazzo (Giancarlo), salì su aereo e se ne andò in Canada a sentire le radio di li. Allora Internet non esisteva, non c’era altro modo di sentire “la concorrenza”. Tornò dopo una decina di giorni con uno scatolone di cassette e mi disse:

- Ho trovato la radio che dobbiamo fare, li funziona alla grande, senti queste cassette e rifalla uguale.

Come se fosse facile.

Era una radio Top Forty, ossia, trasmettevano solo 40 dischi al giorno, i migliori con una precisa sequenza. Dopo settimane di studio capimmo il meccanismo. I dischi erano divisi in 4 segmenti A, B, C, D, ogni settimana uscivano di scena 10 dischi dai vari segmenti che venivano rimpiazzati da altrettante novità. Ma non era una Hit Parade, i dischi uscivano indifferentemente dai 4 settori e alcuni si spostavano all'interno di essi così che la frequenza di messa in onda fosse più o meno estesa.

Ogni 8 brani entrava un disco a piacere del D.J. e applicammo una variante di una sezione E di 5 brani per rendere il format un po' più nostro.

La conduzione era a carico di quattro D.J. che facevano 4 ore ognuno ruotando ogni giorno.

La sequenza fu decriptata e noi ci sentimmo come degli archeologi che hanno scoperto il significato dei geroglifici, e un po' come spie che rubano i segreti altrui.

Non ci capirete niente, lo immagino, ma riporto una sequenza che noi conduttori dovevamo assolutamente rispettare:

AAGBACBADGECACDBC

Niente male vero? Chi è appassionato di rebus si renderà conto che i dischi A erano i più diffusi e quelli E i meno (solo uno ogni 16 brani)

Ci sembrò machiavellico e soprattutto non credevamo potesse funzionare. Come è possibile catturare l’ascolto mandando in onda sempre la stessa roba?

Giancarlo fu risoluto:

- Se funziona li deve funzionare anche qui.

- Ma il nostro etere è molto più pizza e fichi, la gente vuol sentire parlare, vuole fare le dediche.

- Se funziona li deve funzionare anche qui.

Come se non bastasse Giancarlo ci fece notare che i conduttori dei quella stazione quando parlavano avevano sempre l'inizio del brano in sottofondo e smettevano di parlare esattamente quando cominciava il canto.

- Ma come cazzo fanno????

Così prendemmo un cronometro, misurammo tutti gli "intro" dei dischi, poi mentre andava in onda un brano, registravamo a parte l'intervento vocale seguente, lo misuravamo e alla partenza del disco successivo facevamo partire il nastro con la voce in modo che finisse esattamente quando il cantante cominciava a cantare.

Macchiavelli non avrebbe saputo fare di meglio, l'ufficio complicazioni affari semplici aveva fatto il suo ingresso trionfale nella nostra radio. Non solo eravamo incatenati a quei 40 dischi, ma dovevamo registrare, misurare, sottrarre o addizionate tempi e mettere le puntine sui dischi. Avete presenti i polipi?

I quattro malcapitati che si divisero i turni furono: Anna Pettinelli, Giggi Canali, Teo Bellia, ed il sottoscritto.

Radio Hanna divenne Top Forty alla fine del '78 dopo quasi tre anni di meraviglioso microfono libero.

Fu l'inizio della fine.

La radio ebbe un successo strepitoso, gli ascoltatori capirono perfettamente il meccanismo di messa in onda dei brani e,lo apprezzarono, c'era finalmente modo di sapere a che ora un certo disco sarebbe passato. Iniziò ad arrivare pubblicità, avevamo ceduto parte della società per l'acquisto di un grande trasmettitore che ci permetteva di raggiungere buona parte del centro Italia, ma era finita l'epopea creativa ed era cominciato il lavoro, quello di routine, sempre uguale, e si sa, il lavoro stanca.

Alla fine del '79, vittime di pressioni societarie, dovemmo abbandonare la radio perdendo tutto.

Giancarlo si è trasferito in Canada dove fa il creativo nel campo della Digital Imaging (?),

Anna continua imperterrita a stare dietro ai microfoni di RDS, devono avercela incollata li.

Teo è un grande doppiatore ed attore, ma ancora frequenta le radio private,

Io... io faccio il regista in tv, e il dialoghista di una famosa Soap, Beautiful.

Ma io e Giancarlo il 16 marzo 2006, a trent'anni esatti dall'accensione del trasmettitore di Radio Hanna, abbiamo acceso il sito di Broadcastitalia. Nessuna nostalgia, per carità, né io né lui rimpiangiamo niente di quel glorioso quinquennio, ma è difficile che dei folli rinsaviscano, ed è esattamente quel che lui ed io siamo: folli per la radio e la sua storia, le sue conquiste, le sue straordinarie possibilità di rendere liberi.

Così insieme ad un gruppo di reduci, Carlo, Silvano, Angela, Ella, Davide, Fabio e tanti altri, allora concorrenti e nemici, oggi ritrovati fratelli, abbiamo deciso di farle vivere le nostre radio, per futura memoria di chi non sa come il far west nostrano fu conquistato, per ricordare quanta creatività, gioie, dolori e soddisfazioni abbiamo avuto e che non è giusto tenere solo per noi.

È così naif credere che quel passato possa avere un futuro?

Con grandissima riconoscenza. Grazie Radio Hanna.

 

11/9/08                                 Maurizio Amici

Link relativi a Radio Hanna


La sigla di apertura e di chiusura dei programmi di Radio Hanna




Photo Gallery

Maurizio e Giancarlo Amici, fondatori di Radio Hanna


Il primo logo ed adesivo disegnato da Giancarlo


L'ultimo logo di Radio Hanna


L'antenna collineare a 4 dipoli sul tetto del condominio di Via Alciato 5


Foto di gruppo durante una cena in trattoria organizzata dagli ascoltatori


Il primo spauto gruppo di collaboratori


Un logo disegnato da un ascoltatore, famoso artista che volle mantenere l'anonimato


Il listino prezzi della pubblicità, rigorosamente battuto a macchina, i computer ancora non esistevano


Un altro logo disegnato da Giancarlo


Maurizio negli studi di Broadcastitalia


Il primo mixer di Radio Hanna un Lem a 14 canali


Premiazione di Radio Hanna  da parte della federazione Arbitri Romani. Nella foto, Maurizio Amici ed Anna Pettinelli


Una redattrice cataloga i dischi che si compravano nella saletta di segreteria


Giggi Canali all'opera


Sala Speker di via Besta


Sala Regia di Via Alciato


Scaletta e sequenza della Top Forty


Sala Speaker di via Aciato


Mixer Tascam di Via Alciato


Logo di Radio Hanna dal 77 al 78


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